martedì 13 aprile 2010

Il Di Pietro e l'acqua pubblica








Di Pietro e l'Italia dei Valori in questi giorni stanno lanciando un referendum per abrogare, di fatto, il decreto Ronchi che prevede l'obbligatorietà per i comuni di privatizzare almeno il 30% della propria rete idrica.
Fin qui nulla di sconvolgente, anzi un'azione lodevole che si inserisce nel contesto delle diverse campagne referendarie portate avanti dall'ex PM, viste però da più parti prive di contenuti, ma fatte solo per acchiappare i voti di quell'elettorato d'opinione disorientato dalla mancanza di una sinistra seria.
Anche nel caso “dell'acqua” si può notare l'uso elettorale dell'I.d.V.: la campagna referendaria sull'acqua è da mesi che è portata avanti dai comitati per l'acqua pubblica, i quali propongono il totale controllo della rete idrica da parte dei comuni, mentre Di Pietro, col “suo” referendum, otterrebbe il solo azzeramento del decreto Ronchi.
Di Pietro da quando è sceso in politica, a detta dei comitati, non ha mai prestato orecchio alle rivendicazioni dei cittadini i cui comuni hanno donato l'acqua ai privati -come ad Aprilia (in Lazio) dove hanno visto nel giro di un anno aumentare la propria bolletta del 68,25%- eppure ora si arma di carta e penna per raccogliere firme spaccando il fronte referendario.
Per di più, se passasse il testo proposto dall'I.d.V., i comuni manterrebbero la possibilità di cedere anche il 100% della loro acqua ai privati. Si eliminerebbe la sola obbligatorietà.
Così in questi mesi ci ritroveremo con diversi banchetti sullo stesso argomento sparsi per le piazze italiane, da una parte l'Italia dei Valori, dall'altra i comitati sorti negli anni, i meet up grillini, Sinistra Ecologia Libertà con Nichi Vendola, La Federazione della Sinistra, e sarà ovvia confusione per chi vuol difendere un bene vitale come l'acqua e nulla più.
Sono tre le prospettive in seguito alla raccolta delle firme da parte dei due fronti:
1. Nessuno dei due referendum raccoglie le firme necessarie (rimane in vigore il decreto Ronchi e l'obbligatorietà per i comuni di privatizzare un terzo dell'acqua);
2. Solo uno dei due raccoglie le firme necessarie (abbiamo già descritto le differenze) così si voterà seguendo il sistema del referendum abrogativo che prevede il superamento del quorum (50%+1);
3. Entrambi raccolgono le firme necessarie, ed essendo sulla stessa materia, la cassazione chiederà di mediare tra i due quesiti; in questo caso si dovrà scendere a patti tra “il Di Pietro e l'acqua pubblica” per poi sperare nel superamento del quorum nelle urne.
Quest'uso mediatico e strumentale del referendum, soprattutto su una materia di vitale importanza come l'acqua, sta suscitando non pochi malumori tra coloro che da anni seguono queste battaglie e si ritrovano a dover lottare con i pochi mezzi a disposizione e l'incredibile gap di una visibilità su TV e giornali pari a zero.
“Di Pietro ancora una volta ha dimostrato quanto sia l'uomo sbagliato, nel posto sbagliato, ma che sa approfittare del vuoto nel centrosinistra per prendere voti e posti.”
Si può semplificare così il sentimento generale verso l'ex magistrato da parte di un mondo che non gli è certo lontano, ma che lui vuole usare anziché rappresentare.


Alberto Spatola

sabato 10 aprile 2010

SpatolaaN.S.AC. continua... "Cittadini, svegliamoci!"


SpatolaaN.S.AC. continua ma sotto nuova forma, periodicamente sul blog vi informerò sugli svilluppi della pagina Facebook "Cittadini, svegliamoci!", pagina che abbiamo creato per far accedere il numero più ampio di persone alle notizie che venivano prima "Scelte A Caso" dalla SpatolaaN.S.AC. (Notizie Scelte A Caso).
La pagina è visitabile da tutti a questo link:
http://www.facebook.com/#!/pages/Cittadini-svegliamoci/361783992083?ref=ts
Oppure potete tenervi aggiornati attraverso gli RSS:
http://www.facebook.com/feeds/share_posts.php?id=361783992083&viewer=1530885641&key=cbbd1a250f&format=rss20
--
Alberto Spatola spatolaa@gmail.com on Facebook, Skype, Gtalk, Google Buzz
Blog: spatolaa.blogspot.com
Per cancellarti dalla newsletter rispondi a questa email a spatolaa@gmail.com facendone richiesta.

martedì 6 aprile 2010

L'anticlimax che serve al globo


In questi ultimi mesi abbiamo visto una schizofrenica serie di riunioni internazionale dall'agenda estremamente trasversale: non si è più discusso dell'ombelico dei grandi del pianeta, ma dei temi globali che stanno sconvolgendo tutti i paesi.
Questo è stato probabilmente il frutto della nuova guida alla Casa Bianca che ha chiuso con la politica, perdonatemi l'immediatezza, imperialista di Bush per passare al tanto agognato multipolarismo che però, alla prova dei fatti sta arracando tra le nazioni che non si ritrovano in questo futuribile nuovo ordine globale.
Gli U.S. stanno seguendo un climax di coinvolgimento degli altri paesi, dal G2 all'assemblea di Copenhaghen, mentre il mondo i giovani in primis, stanno seguendo un "anticlimax Glocale": sempre più le iniziative, i cambiamenti partono dal "locale" per sconvolgere attraverso il propulsore di internet, l'intera globalità.
Quando la delegazione statunitense andò a Pechino, i media di mezzo mondo salutarono con favore, come se avessero riacquisito una nuova sicurezza, il G2 che si andava profilando e che molti auspicavano essere la nuova guida del pianeta.
Ora questo tandem planetario sta perdendo pezzi e torna ad essere due ciclisti che si danno battaglia tra le curve delle montagne del III millennio.
I due grandi sono falliti sui diritti umani, pretesto nasconde spesso attriti meno confessabili, in questo caso il dilemma dei potenti che si chiedono se è più utile una democrazia (U.S.A.) o una dittatura "efficente" (Cina).
Cina e Stati Uniti, sono caduti nella rete di internet: le multinazionali del virtuale, Google, Yahoo!, Skype (tutte made in U.S.) si stanno confrontando sul come affrontare il nodo a mandorla del controllo degli utenti visto che la Repubblica popolare vuole controllare il suo popolo, ma il web a questi paternalismi non è abituato.
Il titanico in(s)contro tra Pechino e Washington sta mettendo in crisi anche la sfera religiosa. Si pensi all'umile Dailalama che si ritrova ad essere oggetto di un contendere che sembra esclusivamente politico, ma in realtà è religioso (anche se la differenza è ben poca): che farsene della religione nel nuovo millennio? I cattolici cercano di ecumenizzarsi a suon di Opus dei, i protestanti creano chiese in franchising meglio del McDonald, i Sunniti tentano di lanciare sul mercato il prodotto (fallito in partenza) dei Kamikaze, gli Sciiti cercano di creare l'atomica persiana, gli ebrei, scoperto il piacere di non essere sempre solo oppressi, si accaniscono su Gaza. In questo contesto si inseriscono le affascinanti religioni orientali che stanno già conquistando il debole occidente e che in futuro si adatterano alle menti dell'uomo bianco subendo la stessa trasformazione del culto di Iside 2000 anni fa.
Cosa abbiamo imparato dal G2?
Abbiamo imparato che l'anticlimax di cui ha bisogno il pianeta è fatto di democrazie partecipate e locali in cui i diritti siano coltivati giorno per giorno e non demandati a premier e a parlamenti; dovremmo usare il web come strumento per la realtà e non per cyberguerre tra colossi; dovremmo scoprire una spiritualità interiore e un sano ateismo che spazzi via inutili, anzi dannose caste religiose.
All'Aquila col G8, avendo l'Italia in gestione l'agenda il meeting è stato ben poco produttivo e al di là dello show poco è servito.
Un insegnamento può comunque arrivare dal G8 abbruzzese: i popoli sono ormai assuefatti e non sopportano sfilate in monarchico stile dei premier internazionali. Si è arrivati al punto di considerare demagogiche proposte come fare i "G" tramite videochiamata; l'Italia non ha e probabilmente non ha mai avuto un ruolo internazionale sarebbe quindi un bene rafforzare l'Unione Europea invece di farsi un baffo d'ogni direttiva de l'U.E.
Il percorso Obamiano di politca estera ha incontrato poi il G20 negli Stati Uniti che, letto dagli opinionisti d'ogni dove come la miglior conferma dell'autorevolezza del presidente U.S.A., è stato in realtà una sconfitta ben confenzionata. Di fronte all'incalzante crisi economica i grandi della terra non hanno saputo far nulla di più che dichiararsi intenzionati a sconfiggere i paradisi fiscali.
Il climax dei governi ci vorrebbe sempre più consumatori, sempre più divoratori di questo pianeta, ma con un tocco di eticità in più perché combattiamo i paradisi fiscali; l'anticlimax economico dovrebbe invece basarsi sul "meno", azzerare tutte le teorie economiche e proporre un nuovo sistema di progresso (sociale, umano, etc...) che metta al centro la persona e l'ambiente.
Qualche mese fa in Danimarca, sul campo di battaglia dell'ambiente, si è consumato lo scontro tra il climax e l'anticlimax che fin qui abbiamo prospettato: da una parte i governi che non riuscivano a nascondere le loro impotenza di fronte al global warming, dall'altra migliaia di ambientalisti che chiedono di cambiare il corso del pianeta (non so se seguendo l'anticlimax qui esposto) probabilmente (ognuno di quegli ambientalisti) per inseguire un sogno singolo ma che potrà essere comune o fallire.
Una sola sicurezza ci si può permettere di avere e, parafrasando il titolo di una canzone degli Ska-P, "l'impero cadrà": vedremo cosa ne nascerà dalle macerie.

Alberto Spatola