venerdì 1 dicembre 2023

Il Mondo in città - Rubrica su affari globali

Sin da Gennaio collaboro con il giornale locale Il Ponentino.
Scrivo una rubrica settimanale (o almeno ci provo) su affari globali, ogni volta una regione del mondo diversa: Europa, Asia Occidentale, Asia Orientale (e Oceania), Africa, America Latina, e Nord America.
Per leggere la rubrica puoi seguire Il Ponentino, per esempio sul suo canale Telegram.
Qui, voglio solo riportare il mio ultimo articolo per la rubrica "Il Mondo in città" su Israele e Palestina.
Riporto i primi paragrafi, spero che l'articolo vi incuriosisca al punto di finirlo su Il Ponentino.

Buona lettura.

Il mondo in città – Asia Occidentale: La coesistenza è possibile

© Tutti i diritti riservati a Partners for Progressive Israel

Un nuovo alfabeto e la sua calligrafia, e un ristorante.
Ma anche degli ospedali, un movimento politico e una nuova idea d’organizzazione dello Stato.
Sono solo alcuni degli elementi che lasciano intravedere un possibile percorso di coesistenza tra le diverse comunità che abitano e si riconoscono in Israele e nella Palestina.

È necessario però premettere che gli esempi di coesistenza che sto per descrivere non possono cancellare i quasi cinquemila bambini uccisi a Gaza e dintorni nell’ultimo mese e più. Bambini uccisi da una guerra di cui non sono responsabili. I buoni esempi di coesistenza non strapperanno via le forti emozioni che hanno traumatizzato ancor di più Israele e il popolo ebreo con il pogrom del 7 Ottobre, commesso da Hamas nei kibbutz dei territori israeliani prossimi alla Striscia di Gaza. I morti non riavranno vita.
Anche se i tanti semi di coesistenza sbocceranno presto e daranno i loro frutti, ci sarà sempre una parte delle popolazioni della regione che non vorrà cogliere quei frutti, perché non vogliono nemmeno parlare di coesistenza con chi considerano il proprio oppressore o assassino. E una parte di noi, non può nemmeno dargli torto.
Eppure, è fondamentale essere consapevoli che non c’è cecità peggiore che quella del cuore; pensare che ci siano conflitti che non possano essere risolti, che non vale la pena risolvere, è il primo passo verso una cecità inguaribile.
Perciò anche nel racconto di una guerra è fondamentale prendere un momento per guardarsi intorno e non dimenticarsi di chi coltiva umanità.
La seconda premessa è che quelli che sto per offrire non sono che alcuni esempi di coesistenza. In realtà si può scrivere molto di più, ma il fatto di mettere assieme questi semi ci permette di capire come l’estremismo e l’incapacità di riconoscere l’altro, non siano la norma.

Liron Lavi Turkenich è una designer che ha cercato di rendere le due lingue semitiche di Israele e Palestina un po’ più connesse. L’arabo e l’ebraico hanno già molto in comune, sono lingue con una loro sacralità, hanno le radici nella stessa regione, ma si sono poi propagate in tutto il mondo e hanno un loro alfabeto che si scrive da destra a sinistra. Nonostante queste similitudini la lingua in terra santa è una barriera. Entrambi i popoli sanno bene come cogliere qualche significato di un’altra lingua per necessità, per trauma, sia un inferno.
Per esempio, Primo Levi, raccontò come la lingua si stesse evolvendo nei campi di concentramento, mescolando quelle degli internati con quelle degli ordini, per lo più in tedesco. E capire quegli ordini faceva la differenza tra la vita e la morte.
Gli ebrei per secoli hanno vissuto con questa ansia di integrarsi, arrivando a mescolare la loro lingua, fino quasi a perderla.
È con la nascita d’Israele che la lingua ebraica ha ritrovato una nuova forma, un rinascimento.
Per capire cosa in pratica ha fatto la designer israeliana dovete fare un piccolo esercizio: coprite con la mano la parte inferiore delle lettere delle prossime righe. Vi state probabilmente rendendo conto che riuscite a leggere e comprendere il testo benissimo lo stesso, anche senza la parte inferiore dei caratteri.
Potete togliere la mano adesso, sappiate che per l’arabo vale lo stesso esercizio, mentre per l’ebraico è la parte inferiore che rende distinguibili le lettere.
Il gioco è presto fatto, combinando la parte superiore dei caratteri dell’alfabeto arabo, e la parte inferiore delle lettere ebraiche, è possibile scrivere parole e frasi che entrambi i popoli possono leggere. Certo ci vuole qualche accorgimento, ma il risultato è che diverse autorità israeliane, dal Presidente della Repubblica in giù, hanno benedetto il progetto e provano a utilizzare questo nuovo sistema di scrittura in vari contesti. Per sostenere il progetto è possibile comprare oggetti con impresse parole in Aravrit: il nome del sistema di scrittura che si basa sulle due lingue millenarie.

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