domenica 27 dicembre 2009

Andata e Ritorno

Quasi due anni fa avevo pubblicato sul blog un mio racconto, "Scolaro", che poco dopo avrei inserito in un racconto di una 15ina di pagine che intitolai "SEMIALFABETO NORD, SEMIALFABETO SUD". Quest'estate ho invece finito di scrivere un altro racconto (più voluminoso, 20 pagine) "ANDATA E RITORNO" e per non tenere voi lettori di questo blog (cioè io e io :D) all'oscuro di questa mia opera letteraria pubblico un capitolo, scelto non perché più importante, ma perché forse è quello che può meglio riassumere lo spirito di tutta "ANDATA E RITORNO".
Buona lettura.

"Un altro treno, sta volta più popolato, per cui fatica ad addormentarsi per paura di lasciare la sua roba incustodita. Decise di stringersi lo zaino a se, si girò verso il finestrino, chiuse gli occhi e fu pronto per essere accolto dalle braccia della sonnolenza.

Continuò a far viaggiare la stanchezza su binari paralleli al mare, ogni tanto qualche spruzzo, di qualche onda, arrivava sulle carrozze: il mare era mosso, i gabbiani all'interno, gli scogli stanchi di millenari scontri con le forze marine che via via li riduceva corrodendoli.

Il protagonista aveva deciso nel sonno che quando si svegliava sarebbe sceso dal treno.

Passarono ore e ore.

Una volta sveglio, dovette attendere una decina di minuti, prima che il treno si decise a fermarsi in una delle tante stazioni della linea che collegava il nulla col nulla: binari che non incontravano paesi, ma piccole casupole denominate stazioni sperse nella campagna o nell'odore del mare che entrava dentro il cervello immobilizzando i pensieri o facendoli andare così veloci da non coglierli.

Montò sulla bici alleggerendo il rapporto, perché era visibile che per raggiungere il paese si dovesse salire.

Arrivò sulla piazza, circondata da qualche casa e nulla più, approfittò di una fontanella per bere e ricaricarsi la borraccia, appena le H2 lasciarono andare le O verso il cervello, il protagonista si accorse che non c'erano solo case.

Sparse, nelle poche zone d'ombra della piazza, c'erano persone. Era da molto che non ne vedeva, da molto che non riusciva ad osservarne così tante e così da vicino, come se fossero gazzelle in un safari.

Queste aumentarono con l'avvicinarsi delle quattro pomeridiane, nella piazza tre tecnici si affaccendavano con l'amplificazione e i microfoni, altri disponevano le sedie, le macchine incominciarono ad occupare le vie limitrofe, la piazza si riempì inizialmente di giovani.

Lo colpì una ragazza dai capelli neri, lunghi, leggermente ricci o mossi, che portava un lungo vestito, aveva degli occhi talmente penetranti che tardò, il protagonista, per paura, a guardare quale fosse il colore delle iridi: nere anch'esse.

Era lontana, seduta, capì soltanto poco dopo, quando si alzò, che era molto alta, i fianchi stretti, le spalle in quell'istante vennero strette, da dietro, da un uomo, la girò con dolcezza e senza preavviso la baciò.

Quel gesto fu notato da tutta la piazza, le donne rimasero con gli occhi rivolti verso l'alto e la fronte china per osservare discretamente, si fa per dire, la scena, gli uomini si dividevano tra coloro che, guardavano avidamente la ragazza, in barba ai comandamenti divini, coloro che, condannarono il gesto come una delle oscenità peggiori viste in quella piazza, coloro che, invece, considerarono quel bacio, che durante la descrizione continua, l'immagine più viva e romantica dello stare insieme mai vista, a memoria d'uomo, nel paese. Uno arrivò a fotografarli di nascosto: fu la fotografia la prima forma d'arte a descrivere quell'atto d'amore, subito dopo, queste righe.

Questi due ragazzi, che si stanno baciando, lei con le mani intorno al suo collo, i piedi quasi staccati da quanto in punta, lui con le mani ferme ad avvolgere i suoi fianchi, sono, durante questi attimi, divenuti i genitori di tutti i bambini nella piazza, che vedevano, in quella coppia, l'amore coniugale troppe volte dimenticato dal padre e dalla madre.

Le labbra si scostarono leggermente, lui cercò di riprenderle, lei sorrise ancora con gli occhi chiusi, si avvicinò al suo orecchio, passando una mano sul suo petto, gli disse che era vestito bene, lui sorrise compiaciuto, lei, aprendo gli occhi lentamente, gli disse sottovoce, Vai, gli altri due sono arrivati, in bocca al lupo, Crepi, e con pochi passi veloci si portò verso i microfoni."

Alberto Spatola

P.S.: E mo' vo a scrivere.

venerdì 18 dicembre 2009

Bondi divise le acque e Capezzone prese le tavole

I comandamenti del centro destra.

Povera Italia con questo governo.

Povera Italia che ad ogni parola di un politico del centrodestra viene distrutta moralmente, a tal punto che ben presto il Papa sarà costretto a fare una vita da schiavo nero del sud America.

Gli schiavi, che con la santa cattolica benedizione furono strappati dal continente africano per essere “evangelizzati”, ma soprattutto sfruttati, e si ribellarono fondando Palmares e ancora oggi nelle periferie del sud del Brasile cantano: “Forza bahiana, forza africana, forza divina, vieni. Vieni e aiutaci.” (fonte “Le vene aperte dell’America Latina”).

Se la classe politica del PDL + Lega Nord fosse guida morale del paese sarebbero scardinate le basi della dottrina cristiana e al Papa gli consiglierei di fare come i sopracitati schiavi: rifugiarsi ad Ischia, riappacificandosi col buon Garibaldi, ed ogni volta che c’è l’arcobaleno pensare che sia un ponte per la basilica di San Pietro e cantare: “Forza osservanza romana, forza vaticana, forza divina, vieni. Vieni e aiutaci” può star tranquillo che mi unirei a lui.

Ma facciamo un esempio pratico, tutti coloro che hanno subito o accolto il miracolo della transustanziazione tra le loro papille gustative, fuor di metafora, hanno fatto la comunione, avranno studiato i comandamenti che così verrebbero scardinati dalla nostra classe politica (tenetevi forte. Ai nostri parlamentari “il testamento di Tito” gli fa fresco!):


1- “Io sono il Signore, tuo Dio... Non avere altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine... Non ti prostrerai davanti a quelle cose...” (versione Deuteronomica) Ma la pagana Italia se ne frega perché lei adora il beatissimo Silvio, che oltre ad essersi fatto immagine si è fatto la costituzione, tubo catodico e lifting. Insomma: “Io sono il Premier, tuo cavaliere… Non pensare che oltre a me ci siano altre istituzioni. Lavora per me, se no aspira ad essere dipendente mio”

2- “Non pronunciare il nome del Signore Dio tuo invano...” (versione dell’Esodo) Gli onorevoli nostri uniscono in un orgia nazional-propagandista dio e mammona in barba al povero ragazzo di Nazareth che ha osato dire a colui che riscuoteva le tasse: “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”, forse il figlio si era dimenticato di consultare il padre, ma Lui, con la magnanimità di chi traccia le porte col sangue, ha lasciato che la sopracitata citazione sia finita nelle sacre scritture, e nonostante ciò “i nostri rappresentanti” quel ragazzo lo vogliono inchiodare alla bandiera italiana, frutto della cisalpinica voglia di Napoleone, su proposta di quel po-po di ministro che fu Castelli e l’istruttore di sci degli esteri Frattini che un attimo prima di partecipare al consiglio dei ministri delle Maldive disse dall’alto della sua abbronzatura: “Non è una brutta proposta”. Insomma così recita il nuovo comandamento: “Usa il tuo dio (quello di seconda mano, dopo il cavaliere tuo) per poter fare gli affari del tuo unico Premier, mai invano”.

3- “Osserva il giorno di sabato per santificarlo...” (comune all’Esodo che al Deuteronomio) Il Premier nostro, nostro cavaliere, non intende santificare le feste dei 18 anni dei suoi figli, ma non può non rinunciare all’incontro di Venerdì (avrà lontane origini arabe o sarà l’influenza dell’Iran) col suo fidato avvocato Ghedini, salvo “divin” lodo del prode Alfano per cui è concesso fare lo “statista” e dall’alto della sua statura, morale si intende, partecipare alla celebrazione del 25 Aprile ad Onna (2009). E quindi così recita il nuovo comandamento (lo ammetto, questa me l’ha suggerita Enrico Letta): “Santifica ogni giorno il rito della difesa DAL processo”.

4- “Onora tuo padre e tua madre...” (comune all’Esodo e al Deuteronomio) Beh su questo il Premier nostro si limita ad una clausola, onore a patto che il padre abbia una buona banca, quindi il comandamento recita: “Fatti portare dal padre tuo la Rasini banca e i contatti con la santa cupola di Cosa Nostra per poi divenire Premier nostro”

5- “Non uccidere.” (comune all’Esodo e al Deuteronomio) Così recita il nuovo comandamento di pdlienna produzione grazie al parto mentale dello scajolone e da ultimo del mezzo ministro Giovanardi: “Non uccidere, limitati a dar del rompicoglioni a chi viene ammazzato e a giustificare il fatto con la droga e l’anoressia”

6- “Non commettere adulterio.” (versione dell’Esodo) Potrei citare mesi e mesi di cronaca rosa di scandalistiche rivelazioni sul Premier nostro, ma non serve, perché il fedele arcoriano dopo “aver fatto immagine e lifting” ha la faccia plastica per recitare il sesto comandamento: “Prima di commettere adulterio procurati un Ghedini che ti giustifichi in quanto finale utilizzatore

7- “Non rubare” (comune all’Esodo e al Deuteronomio) Un attimo che prima di scrivere devo contenere le risa. Da dove incominciare? È meglio formulare direttamente il nuovo comandamento: “Dopo aver rubato metti da parte i soldi per il giudice e restituisci sempre un piccolo pezzo e sarai uomo di fede”

8- “Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.” (Versione Deuteronomica) Ci pensa Mills, mentre tu prometti un milione di posti di lavoro, questo il nuovo comandamento: “Corrompi il prossimo tuo affinché ti difendi e tu possa pronunciare il falso”

9- “Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare sua moglie, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo” (Versione dell’Esodo) Questo comandamento è così rivisto: “Prendi tutto direttamente e non avrai rivali oltre a Sky [@+*’?!! di quel Murdoch]”

Andate in pace!

Alberto Spatola

domenica 6 dicembre 2009

Dalle montagne alla piazza, dal rosso al viola.



Giovedì ho partecipato all’incontro organizzato dall’A.N.P.I. di Sestri Ponente e l’associazione XVI Giugno 1944 con l’ex sindaco Sansa dal titolo “Verso una nuova resistenza” e ieri sono andato al NO Berlusconi Day.

Con questi due eventi ho ritrovato il piacere di far politica e la voce per poter dire che non è tutto inutile, non sono da solo, ma c’è un intero popolo in Italia che aspetta solo d’essere rappresentato e per ora si rappresenta con bellissime manifestazioni di viola colorate.

La strada da seguire è tracciata è sotto gli occhi di tutti, salvo miopia: la gente, i giovani vogliono PARTECIPARE, attraverso la rete, le manifestazioni, le decisioni (come le primarie); non si vogliono ideologie, etichettature di partito, (al NOBDAY di Genova uno degli applausi più forti è stato contro il padrone dell’IDV ligure Paladini e la sua fidata Marylin) ma si vuole avere chiari punti di riferimento valoriali.

Vogliamo parlare di lavoro, di questa crisi, come superarla, dei due milioni di disoccupati, della maggior percentuale di disoccupazione giovanile in Europa. La RESISTENZA è nata nelle fabbriche per rivendicare il diritto di sciopero e i diritti per gli operai.

Vogliamo superare la divisione tra Nord e Sud, ci riconosciamo nell’Europa perché vuol dire AMBIENTE, LIBERTÀ, CULTURA, GIUSTIZIA. Con la RESISTENZA si è raggiunto uno dei momenti più alti di unificazione nazionale: la costituente.

Ora noi vogliamo essere un paese moderno, grazie alle nostre smisurate risorse, per questo SI all’EUROPA e NO a BERLUSCONI e ad una classe politica vecchia mental-mente non in grado di rinnovarsi.

Per questo il 5 Dicembre siamo scesi in piazza: per rinnovare il coraggio dei tanti giovani che sono saliti sulle montagne e per dire tanti SI detti ad una sola voce in grado di cambiare un paese che non aspetta nient’altro di avere un popolo che si dica orgoglioso d’essere italiano.

Alberto Spatola