Sin da Gennaio collaboro con il giornale locale Il Ponentino.
Scrivo una rubrica settimanale (o almeno ci provo) su affari globali, ogni volta una regione del mondo diversa: Europa, Asia Occidentale, Asia Orientale (e Oceania), Africa, America Latina, e Nord America.
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Qui, voglio solo riportare il mio ultimo articolo per la rubrica "Il Mondo in città" su Israele e Palestina.
Riporto i primi paragrafi, spero che l'articolo vi incuriosisca al punto di finirlo su Il Ponentino.
Buona lettura.
Il mondo in città – Asia Occidentale: La coesistenza è possibile
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Un nuovo alfabeto e la sua calligrafia, e un ristorante.
Ma anche degli ospedali, un movimento politico e una nuova idea d’organizzazione dello Stato.
Sono
solo alcuni degli elementi che lasciano intravedere un possibile
percorso di coesistenza tra le diverse comunità che abitano e si
riconoscono in Israele e nella Palestina.
È necessario però premettere che gli esempi di coesistenza che sto
per descrivere non possono cancellare i quasi cinquemila bambini uccisi a
Gaza e dintorni nell’ultimo mese e più. Bambini uccisi da una guerra di
cui non sono responsabili. I buoni esempi di coesistenza non
strapperanno via le forti emozioni che hanno traumatizzato ancor di più
Israele e il popolo ebreo con il pogrom del 7 Ottobre, commesso da Hamas
nei kibbutz dei territori israeliani prossimi alla Striscia di Gaza. I
morti non riavranno vita.
Anche se i tanti semi di coesistenza
sbocceranno presto e daranno i loro frutti, ci sarà sempre una parte
delle popolazioni della regione che non vorrà cogliere quei frutti,
perché non vogliono nemmeno parlare di coesistenza con chi considerano
il proprio oppressore o assassino. E una parte di noi, non può nemmeno
dargli torto.
Eppure, è fondamentale essere consapevoli che non c’è
cecità peggiore che quella del cuore; pensare che ci siano conflitti che
non possano essere risolti, che non vale la pena risolvere, è il primo
passo verso una cecità inguaribile.
Perciò anche nel racconto di una
guerra è fondamentale prendere un momento per guardarsi intorno e non
dimenticarsi di chi coltiva umanità.
La seconda premessa è che quelli
che sto per offrire non sono che alcuni esempi di coesistenza. In
realtà si può scrivere molto di più, ma il fatto di mettere assieme
questi semi ci permette di capire come l’estremismo e l’incapacità di
riconoscere l’altro, non siano la norma.
Liron Lavi Turkenich è una designer che ha cercato di rendere le due
lingue semitiche di Israele e Palestina un po’ più connesse. L’arabo e
l’ebraico hanno già molto in comune, sono lingue con una loro sacralità,
hanno le radici nella stessa regione, ma si sono poi propagate in tutto
il mondo e hanno un loro alfabeto che si scrive da destra a sinistra.
Nonostante queste similitudini la lingua in terra santa è una barriera.
Entrambi i popoli sanno bene come cogliere qualche significato di
un’altra lingua per necessità, per trauma, sia un inferno.
Per
esempio, Primo Levi, raccontò come la lingua si stesse evolvendo nei
campi di concentramento, mescolando quelle degli internati con quelle
degli ordini, per lo più in tedesco. E capire quegli ordini faceva la
differenza tra la vita e la morte.
Gli ebrei per secoli hanno vissuto con questa ansia di integrarsi, arrivando a mescolare la loro lingua, fino quasi a perderla.
È con la nascita d’Israele che la lingua ebraica ha ritrovato una nuova forma, un rinascimento.
Per
capire cosa in pratica ha fatto la designer israeliana dovete fare un
piccolo esercizio: coprite con la mano la parte inferiore delle lettere
delle prossime righe. Vi state probabilmente rendendo conto che riuscite
a leggere e comprendere il testo benissimo lo stesso, anche senza la
parte inferiore dei caratteri.
Potete togliere la mano adesso,
sappiate che per l’arabo vale lo stesso esercizio, mentre per l’ebraico è
la parte inferiore che rende distinguibili le lettere.
Il gioco è
presto fatto, combinando la parte superiore dei caratteri dell’alfabeto
arabo, e la parte inferiore delle lettere ebraiche, è possibile scrivere
parole e frasi che entrambi i popoli possono leggere. Certo ci vuole
qualche accorgimento, ma il risultato è che diverse autorità israeliane,
dal Presidente della Repubblica in giù, hanno benedetto il progetto e
provano a utilizzare questo nuovo sistema di scrittura in vari contesti.
Per sostenere il progetto è possibile comprare oggetti con impresse
parole in Aravrit: il nome del sistema di scrittura che si basa sulle due lingue millenarie.
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