mercoledì 3 febbraio 2010

Recen-te-mente (Recensione con la mente) -Il quaderno, Josè Saramago- [1]

Apro col nobel portoghese Josè Saramago questa nuova rubrica in cui tenterò di recensire ogni libro che leggerò, e magari anche qualcuno che ho già letto.
Buona lettura!

Seguite i suoi personaggi, ma non l'autore.
Prima di leggere questo libro sappiate essere critici verso questo quasi novantenne che è lì pronto a travolgerci con la sua penna (ora tastiera) e il suo spirito da ragazzino.
Se vi troverete tra le mani "il quaderno" di Saramago l'idea che avrete, di questo iberico, (sia che abbiate già letto qualcosa di suo o no) è di un rivoluzionario dei tempi andati che ora con la sua saggezza vi presenterà le sue idee con correttezza, attraverso una scrittura appesantita dalle molte idee e dalle frasi infinite, ma scorrevole e piacevole per la fantasia di un abile scrittore sia della prosa che della poesia, sia del reale che del fantastico.
Nulla di più sbagliato.
Tutti coloro che leggeranno il libro in italiano avranno il piacere, ma soprattutto il grande aiuto, di trovare la prefazione di Umberto Eco il quale ha intitolato "Impenitentemente irritato, e tenero" le sue parole introduttive. Con questo titoletto Eco, chissà se consciamente o incosciamente, ci ha dato un ottima chiave di lettura per capire Saramago, o meglio i suoi scritti.
Saramago, a mio parere, nei romanzi presenta sempre i suoi personaggi con una schiettezza stupefacente al punto tale da mettere in risalto le contraddizioni, tutte le sfaccettature della psiche e dalla sotto-psiche, sino ad arrivare allo sconvolgente Uomo duplicato e a dipingere la società, la politica e i personaggi come dei micro-mega ossimori. Anche la raccolta di post del suo blog "Il quaderno" non sfugge a questo Saramaghiano ossimoro.
Mi son dimenticato di dire che "il quaderno" non è che la raccolta dei post del suo blog e se volessi ancor di più incuriosirvi vi racconterei di come l'Einaudi, dopo aver di fatto pubblicato tutti i suoi libri, si sia rifiutata di pubblicare quest'ultimo perché il nobel si permette di criticare il nostro cavaliere e come purtroppo sappiamo anche Einaudi fa parte della piovra berlusconiana. I suoi post partono da una lettera d'amore per la città di Lisbona passando ripetutamente in terra di Palestina per irritarsi con Israele e la sua politica che mira a controllare qualcosa di più necessario del respiro: l'arte. L'arte del popolo palestinese requisendo per esempio gli strumenti musicali al confine, e così questo 88enne, ed ateo militante, si chiede in nome di quale dio possono gli israeliani far queste violenze contro i palestinesi. Il dio vendicativo dell'antico testamento? Sappiate che non esiste. E qui, senza problemi, scorrettamente, ci trasporta su un onda emozionale che rischia di travolgere, non lui, perché lui sa guidare, con la saggezza dei Grandi, il suo ateismo, ma noi. Lui -con l'ironia di chi sa la difficoltà di non credere e lo sgomento che si prova ogni qualvolta si invocano gli dei, queste entità presenti solo nelle persone- ci sbatte in faccia idee del tipo che un mondo fatto da atei sarebbe un mondo più pacifico, interroga senza nessuna ipocrisia i politici e le "chiese" sulla laicità. Chiede a tutte le sinistre del mondo dove sono andate a finire e ammonisce tutti i rivoluzionari dicendo che "l'impazienza è più rivoluzionaria della speranza", si commuove per l'elezione di Obama, ma lo critica ogni volta che lo ritenga giusto, anche se poco opportuno.
Un blogger che condivido anche nelle sue affermazioni più ardite.
Fin qui un Saramago che ci si poteva aspettare, ma il Saramago migliore, e non per un morboso gusto per il gossip, è il Saramago che parla dell'amore per sua moglie Pilar, parla della malattia che lo ha quasi portato alla morte da cui è poi nato il romanzo Il viaggio dell'elefante, un Saramago umano grazie al quale incominci ad intuire come ha potuto raccontare storie come Il vangelo secondo Gesù Cristo, Tutti i nomi o La zattera di pietra.
Leggete, ma non prendetelo come esempio.
Se lui nella sua infinita cultura, cultura in senso lato, scrive sulla pagina infinita d'internet di esser stato in ritardo con un suo amico nel dargli delle foto, se lui ha paura di camminare nei vicoli di Napoli, perché pensa male della camorra, se lui si illude che l'Italia dei Valori possa rispondere al suo interrogativo "che fare con gli italiani?" noi che non abbiamo mai riflettuto sulla differenza tra "guardare e vedere e vedere ed osservare" in quali errori possiamo incappare se ci lasciamo travolgere dalla scorrettezza di Saramago?
Io vi ho messo in guardia: prima di leggerlo ragionate sulla differenza tra guardare, vedere e osservare e quando il nobel portoghese vi darà la sua risposta, con rammarico vedrete che vi mancheranno poche pagine, ma per nulla al mondo le vorrete perdere.

Alberto Spatola

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