Over the rainbow, oltre l’arcobaleno, è questo che, secondo me, dovrebbe fare il P.D.: andar over the rainbow.
Non dico di spostare il timone democratico verso a sinistra, timone che deve rimanere ben fermo in mano a Veltroni –Non lasciamo spazio ai dino-baro-sauri della vecchia politica come Fioron-scout e Baffino incereni-lema- ma dico che ora il P.D. deve saper rappresentare tutte le forze d’opposizione senza appoggiare gli atteggiamenti affaristico-mafiosi del P.d.L., cioè senza fare piccoli o medi inciucci.
Ed è quindi il momento, storico, per poter far del P.D. quei temi che fino ad ora sono stati prerogativa della sinistra radicale: la Pace, l’ambiente, la lotta alle mafie, la laicità, un nuovo europeismo, etc….
E quindi, senza spostare il timone del partito, si tratta di trasformare “l’ambientalismo del fare” da una bella trovata pubblicitaria a un’idea dell’ambientalismo che dica basta agli incerenitori ma promuova la politica dei “rifiuti-zero”, dica basta a chi vuol riesumare il nucleare ma promuova le rinnovabili; si tratta di non ripetere più in futuro l’esperienza Kosovara di D’Alema; si tratta di non candidare più gente come Crisafulli; si tratta di mettere da parte le intemperanze teo-demiane; di trasformare l’U.E. da un’unione affaristico-economica delle nazioni, ad un’unione dei popoli, si può incominciare creando partiti europei, e sarà-sarebbe una gran bella avventura creare un Partito Democratico Europeo.
Ma non andiamo troppo oltre, visto che se molti di noi speravano nella vittoria è perché si è dato troppo peso “all’andar liberi”. Dalle urne esce fuori un dato certo: alla gente non gl’importa del Partito Democratico che va da solo o che ha uno statuto moderno, generalizzando la gente è egoista pensa al suo particolare pensa “all’Io”, infatti ha votato Lega Nord e “Lega Sud”, a ben pochi importa di “cambiare il paese”, vogliono “rialzarsi” e non sentirsi “le mani dello stato” nelle tasche.
Amare riflessioni.
Ma è così.
E qui esce fuori la debolezza della democrazia indiretta, rappresentativa: il paese è in mano a chi crede alle favole del Berluska e ai sogni d’onnipotenza in casa propria di Bossi. Da parte mia c’è tutta la cristiana comprensione per quest’ultimi ma bisogna ricercare un altro metodo per gestire il potere nelle poleis, per esempio la democrazia diretta affiancata da delle istituzioni rappresentative, “modello svizzera”.
Ma siam sempre lì, mentre noi discutiamo del sistema che è più adatto al paese, Berlusconi governa e il Partito Democratico arriva al 33,2%.
Il P.D. ha preso poco più del vecchio Ulivo (31,1%), l’incremento può essere dovuto semplicemente per l’effetto anti-Berlusconi.
Allontaniamoci dalle riflessioni più squisitamente politiche e analizziamo il voto.
È chiaro non è stata capita la novità del P.Democratico e di Veltroni.
L’elettorato non è pronto per un leader e un partito europeo, ma non usiamo questo fatto come unica giustificazione della sconfitta, e facciamo anche un po’ di autocritica.
Ora come ora il P.D. si presenta come un partito a due facce: una moderna, e non capita, che affascina i partiti di sinistra in Europa, l’altra ancora legata alla vecchia politica che ci scredita verso l’elettorato progressista o “indipendente di sinistra”.
Abbiamo perso infatti, con queste elezioni, una possibilità per accreditarci nei confronti dell’elettorato progressista, c’è riuscita l’Italia dei Valori, anche qui in Liguria, nonostante le candidature. Non illudiamoci, non si può non rappresentare quest’area, perché se no si rischia che già fra un anno – quando alle europee non ci sarà l’effetto anti-Berlusconi e magari la sinistra si riorganizzerà sotto una futuribile guida Vendola- questi elettori di sinistra, ma indipendenti da logiche di partito, ri-votino l’arcobaleno.
¿E quindi che fare? Continuare a guardare al centro e alle piccole-medio imprese o cambiar via? La prima scelta anche se statisticamente vincente si è rivelata politicamente non percorribile e troppo vincolante: …Intanto si è visto il Nord-est… ha votato Lega.
La nuova via, nueva via, è far si che questa nuova casa, il Partito Democratico, questo neonato, prenda maggior identità, non venga più visto come un cartello ma come un vero e proprio partito anche a costo di qualche scissione. A Veltroni bisogna riconoscere il merito di aver messo da parte le divisioni interne, bisogna però saper mettere ora da parte la politica del “ma anche” pur restando un partito plurale. E per i motivi di prima, vista l’analisi del voto, la strada per darci una maggior identità, secondo me non può che essere a sinistra, anche perché c’è un vuoto che il P.D. non può non colmare. Il modo migliore per aumentare il bacino elettorale democratico sarebbe appunto questo: sciogliere le questioni che ancora dividono il partito e grazie alla pluralità del P.D. rivolgersi a tutto il paese, ma se non riesce questa operazione sarà necessario ad aprirsi ad altri partiti, come l’Italia dei Valori, I Verdi, Sinistra Democratica e la Rosa Bianca, in ogni caso non dimentichiamoci che il 15 Aprile è nata le maggior forza riformista che il paese abbia mai visto, ora è arrivato il momento di sostituire la generica dicitura “riformista” con un ben preciso “progressista”… SI PUÒ FARE.
Non dico di spostare il timone democratico verso a sinistra, timone che deve rimanere ben fermo in mano a Veltroni –Non lasciamo spazio ai dino-baro-sauri della vecchia politica come Fioron-scout e Baffino incereni-lema- ma dico che ora il P.D. deve saper rappresentare tutte le forze d’opposizione senza appoggiare gli atteggiamenti affaristico-mafiosi del P.d.L., cioè senza fare piccoli o medi inciucci.
Ed è quindi il momento, storico, per poter far del P.D. quei temi che fino ad ora sono stati prerogativa della sinistra radicale: la Pace, l’ambiente, la lotta alle mafie, la laicità, un nuovo europeismo, etc….
E quindi, senza spostare il timone del partito, si tratta di trasformare “l’ambientalismo del fare” da una bella trovata pubblicitaria a un’idea dell’ambientalismo che dica basta agli incerenitori ma promuova la politica dei “rifiuti-zero”, dica basta a chi vuol riesumare il nucleare ma promuova le rinnovabili; si tratta di non ripetere più in futuro l’esperienza Kosovara di D’Alema; si tratta di non candidare più gente come Crisafulli; si tratta di mettere da parte le intemperanze teo-demiane; di trasformare l’U.E. da un’unione affaristico-economica delle nazioni, ad un’unione dei popoli, si può incominciare creando partiti europei, e sarà-sarebbe una gran bella avventura creare un Partito Democratico Europeo.
Ma non andiamo troppo oltre, visto che se molti di noi speravano nella vittoria è perché si è dato troppo peso “all’andar liberi”. Dalle urne esce fuori un dato certo: alla gente non gl’importa del Partito Democratico che va da solo o che ha uno statuto moderno, generalizzando la gente è egoista pensa al suo particolare pensa “all’Io”, infatti ha votato Lega Nord e “Lega Sud”, a ben pochi importa di “cambiare il paese”, vogliono “rialzarsi” e non sentirsi “le mani dello stato” nelle tasche.
Amare riflessioni.
Ma è così.
E qui esce fuori la debolezza della democrazia indiretta, rappresentativa: il paese è in mano a chi crede alle favole del Berluska e ai sogni d’onnipotenza in casa propria di Bossi. Da parte mia c’è tutta la cristiana comprensione per quest’ultimi ma bisogna ricercare un altro metodo per gestire il potere nelle poleis, per esempio la democrazia diretta affiancata da delle istituzioni rappresentative, “modello svizzera”.
Ma siam sempre lì, mentre noi discutiamo del sistema che è più adatto al paese, Berlusconi governa e il Partito Democratico arriva al 33,2%.
Il P.D. ha preso poco più del vecchio Ulivo (31,1%), l’incremento può essere dovuto semplicemente per l’effetto anti-Berlusconi.
Allontaniamoci dalle riflessioni più squisitamente politiche e analizziamo il voto.
È chiaro non è stata capita la novità del P.Democratico e di Veltroni.
L’elettorato non è pronto per un leader e un partito europeo, ma non usiamo questo fatto come unica giustificazione della sconfitta, e facciamo anche un po’ di autocritica.
Ora come ora il P.D. si presenta come un partito a due facce: una moderna, e non capita, che affascina i partiti di sinistra in Europa, l’altra ancora legata alla vecchia politica che ci scredita verso l’elettorato progressista o “indipendente di sinistra”.
Abbiamo perso infatti, con queste elezioni, una possibilità per accreditarci nei confronti dell’elettorato progressista, c’è riuscita l’Italia dei Valori, anche qui in Liguria, nonostante le candidature. Non illudiamoci, non si può non rappresentare quest’area, perché se no si rischia che già fra un anno – quando alle europee non ci sarà l’effetto anti-Berlusconi e magari la sinistra si riorganizzerà sotto una futuribile guida Vendola- questi elettori di sinistra, ma indipendenti da logiche di partito, ri-votino l’arcobaleno.
¿E quindi che fare? Continuare a guardare al centro e alle piccole-medio imprese o cambiar via? La prima scelta anche se statisticamente vincente si è rivelata politicamente non percorribile e troppo vincolante: …Intanto si è visto il Nord-est… ha votato Lega.
La nuova via, nueva via, è far si che questa nuova casa, il Partito Democratico, questo neonato, prenda maggior identità, non venga più visto come un cartello ma come un vero e proprio partito anche a costo di qualche scissione. A Veltroni bisogna riconoscere il merito di aver messo da parte le divisioni interne, bisogna però saper mettere ora da parte la politica del “ma anche” pur restando un partito plurale. E per i motivi di prima, vista l’analisi del voto, la strada per darci una maggior identità, secondo me non può che essere a sinistra, anche perché c’è un vuoto che il P.D. non può non colmare. Il modo migliore per aumentare il bacino elettorale democratico sarebbe appunto questo: sciogliere le questioni che ancora dividono il partito e grazie alla pluralità del P.D. rivolgersi a tutto il paese, ma se non riesce questa operazione sarà necessario ad aprirsi ad altri partiti, come l’Italia dei Valori, I Verdi, Sinistra Democratica e la Rosa Bianca, in ogni caso non dimentichiamoci che il 15 Aprile è nata le maggior forza riformista che il paese abbia mai visto, ora è arrivato il momento di sostituire la generica dicitura “riformista” con un ben preciso “progressista”… SI PUÒ FARE.
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