Di Pietro e l'Italia dei Valori in questi giorni stanno lanciando un referendum per abrogare, di fatto, il decreto Ronchi che prevede l'obbligatorietà per i comuni di privatizzare almeno il 30% della propria rete idrica.
Fin qui nulla di sconvolgente, anzi un'azione lodevole che si inserisce nel contesto delle diverse campagne referendarie portate avanti dall'ex PM, viste però da più parti prive di contenuti, ma fatte solo per acchiappare i voti di quell'elettorato d'opinione disorientato dalla mancanza di una sinistra seria.
Anche nel caso “dell'acqua” si può notare l'uso elettorale dell'I.d.V.: la campagna referendaria sull'acqua è da mesi che è portata avanti dai comitati per l'acqua pubblica, i quali propongono il totale controllo della rete idrica da parte dei comuni, mentre Di Pietro, col “suo” referendum, otterrebbe il solo azzeramento del decreto Ronchi.
Di Pietro da quando è sceso in politica, a detta dei comitati, non ha mai prestato orecchio alle rivendicazioni dei cittadini i cui comuni hanno donato l'acqua ai privati -come ad Aprilia (in Lazio) dove hanno visto nel giro di un anno aumentare la propria bolletta del 68,25%- eppure ora si arma di carta e penna per raccogliere firme spaccando il fronte referendario.
Per di più, se passasse il testo proposto dall'I.d.V., i comuni manterrebbero la possibilità di cedere anche il 100% della loro acqua ai privati. Si eliminerebbe la sola obbligatorietà.
Così in questi mesi ci ritroveremo con diversi banchetti sullo stesso argomento sparsi per le piazze italiane, da una parte l'Italia dei Valori, dall'altra i comitati sorti negli anni, i meet up grillini, Sinistra Ecologia Libertà con Nichi Vendola, La Federazione della Sinistra, e sarà ovvia confusione per chi vuol difendere un bene vitale come l'acqua e nulla più.
Sono tre le prospettive in seguito alla raccolta delle firme da parte dei due fronti:
1. Nessuno dei due referendum raccoglie le firme necessarie (rimane in vigore il decreto Ronchi e l'obbligatorietà per i comuni di privatizzare un terzo dell'acqua);
2. Solo uno dei due raccoglie le firme necessarie (abbiamo già descritto le differenze) così si voterà seguendo il sistema del referendum abrogativo che prevede il superamento del quorum (50%+1);
3. Entrambi raccolgono le firme necessarie, ed essendo sulla stessa materia, la cassazione chiederà di mediare tra i due quesiti; in questo caso si dovrà scendere a patti tra “il Di Pietro e l'acqua pubblica” per poi sperare nel superamento del quorum nelle urne.
Quest'uso mediatico e strumentale del referendum, soprattutto su una materia di vitale importanza come l'acqua, sta suscitando non pochi malumori tra coloro che da anni seguono queste battaglie e si ritrovano a dover lottare con i pochi mezzi a disposizione e l'incredibile gap di una visibilità su TV e giornali pari a zero.
“Di Pietro ancora una volta ha dimostrato quanto sia l'uomo sbagliato, nel posto sbagliato, ma che sa approfittare del vuoto nel centrosinistra per prendere voti e posti.”
Si può semplificare così il sentimento generale verso l'ex magistrato da parte di un mondo che non gli è certo lontano, ma che lui vuole usare anziché rappresentare.
Anche nel caso “dell'acqua” si può notare l'uso elettorale dell'I.d.V.: la campagna referendaria sull'acqua è da mesi che è portata avanti dai comitati per l'acqua pubblica, i quali propongono il totale controllo della rete idrica da parte dei comuni, mentre Di Pietro, col “suo” referendum, otterrebbe il solo azzeramento del decreto Ronchi.
Di Pietro da quando è sceso in politica, a detta dei comitati, non ha mai prestato orecchio alle rivendicazioni dei cittadini i cui comuni hanno donato l'acqua ai privati -come ad Aprilia (in Lazio) dove hanno visto nel giro di un anno aumentare la propria bolletta del 68,25%- eppure ora si arma di carta e penna per raccogliere firme spaccando il fronte referendario.
Per di più, se passasse il testo proposto dall'I.d.V., i comuni manterrebbero la possibilità di cedere anche il 100% della loro acqua ai privati. Si eliminerebbe la sola obbligatorietà.
Così in questi mesi ci ritroveremo con diversi banchetti sullo stesso argomento sparsi per le piazze italiane, da una parte l'Italia dei Valori, dall'altra i comitati sorti negli anni, i meet up grillini, Sinistra Ecologia Libertà con Nichi Vendola, La Federazione della Sinistra, e sarà ovvia confusione per chi vuol difendere un bene vitale come l'acqua e nulla più.
Sono tre le prospettive in seguito alla raccolta delle firme da parte dei due fronti:
1. Nessuno dei due referendum raccoglie le firme necessarie (rimane in vigore il decreto Ronchi e l'obbligatorietà per i comuni di privatizzare un terzo dell'acqua);
2. Solo uno dei due raccoglie le firme necessarie (abbiamo già descritto le differenze) così si voterà seguendo il sistema del referendum abrogativo che prevede il superamento del quorum (50%+1);
3. Entrambi raccolgono le firme necessarie, ed essendo sulla stessa materia, la cassazione chiederà di mediare tra i due quesiti; in questo caso si dovrà scendere a patti tra “il Di Pietro e l'acqua pubblica” per poi sperare nel superamento del quorum nelle urne.
Quest'uso mediatico e strumentale del referendum, soprattutto su una materia di vitale importanza come l'acqua, sta suscitando non pochi malumori tra coloro che da anni seguono queste battaglie e si ritrovano a dover lottare con i pochi mezzi a disposizione e l'incredibile gap di una visibilità su TV e giornali pari a zero.
“Di Pietro ancora una volta ha dimostrato quanto sia l'uomo sbagliato, nel posto sbagliato, ma che sa approfittare del vuoto nel centrosinistra per prendere voti e posti.”
Si può semplificare così il sentimento generale verso l'ex magistrato da parte di un mondo che non gli è certo lontano, ma che lui vuole usare anziché rappresentare.
Alberto Spatola
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